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Clinica ortopedica


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Lussazione della spalla

Articolazione della spalla e lussazioni

La spalla è una zona del corpo umano estremamente complicata perché formata dall’insieme di ben 5 articolazioni. Tra queste la principale viene chiamata scapolomerale o glenomerale poiché mette in comunicazione la testa dell’omero con la cavità glenoidea della scapola. Lussazione della spallaL’insieme di queste cinque articolazioni, azionate da numerosi gruppi muscolari (ventisei muscoli in tutto), fa della spalla “l’articolazione” più mobile del nostro organismo. Tutta questa mobilità permette l’esecuzione di movimenti molto complessi ma diminuisce la stabilità dell’intera regione. L’articolazione della spalla è comunque protetta da numerosissime strutture anatomiche stabilizzatrici capitanate dai muscoli e dai tendini che formano la cuffia dei rotatori.

In particolari situazioni, come una forte contusione, tale protezione non riesce ad impedire che la testa dell’omero fuoriesca dalla sua normale sede, senza ritornarci spontaneamente. Si parla in questi casi di lussazione della spalla o lussazione glenomerale.

Questa importante articolazione può essere colpita da due diverse tipologie di lussazioni. La più frequente (95% dei casi), soprattutto nelle persone giovani ed attive, è la lussanzione anteriore in cui l’omero viene deviato in avanti e in basso, come riportato in figura.

La lussazione posteriore è invece molto meno frequente ed un po’ più complicata da trattare.

LUSSAZIONE

La lussazione o slogatura è un evento traumatico che causa la perdita dei rapporti reciproci tra i capi articolari di un’articolazione. Lo slittamento a livello cartilagineo delle due estremità ossee è consentito dalla rottura, almeno parziale, della capsula e dei legamenti che stabilizzano l’articolazione. Talvolta a tali lesioni si associano quelle della cartilagine articolare, dei vasi, delle ossa, della cute (lussazione esposta) e dei nervi.

Le lussazioni si dividono in complete ed incomplete. Nel primo caso vi è una netta separazione tra le due superfici articolari, mentre nel secondo i capi ossei rimangono parzialmente in contatto tra di loro. In entrambi i casi è necessario un intervento esterno per riportare in sede le due superfici articolari fuoriuscite.

La lussazione della spalla può causare la rottura di numerose strutture anatomiche (legamenti, ossa, cute, cartilagine articolare, muscoli e capsula). In particolare circa il 90% delle lussazioni anteriori si accompagna al distacco del labbro glenoideo, una sorta di guarnizione che permette lo scivolamento dell’omero sull’omonima cavità della scapola.

Dopo la lesione questo labbro cartilagineo tende a riposizionarsi spontaneamente e a cicatrizzare ma talvolta assume una posizione viziata che ne diminuisce la funzionalità. Questa condizione, chiamata lesione di Bankart, è una tra le più comuni cause di lussazioni ricorrenti e per questo, specie nei soggetti più giovani, viene spesso trattata chirurgicamente.

La lussazione si può accompagnare anche alla rottura della testa dell’omero che viene spinta violentemente contro il margine anteriore della cavità glenoidea (lesione di Hill Sachs). Anche questa frattura aumenta il rischio di lussazioni ricorrenti ma è più frequente negli anziani rispetto ai giovani.

 

Cause e fattori di rischio

La lussazione della spalla è una lesione piuttosto comune negli sport di contatto come l’hockey, il basket, il rugby, il baseball, lo sci e la lotta. Tale condizione si registra più frequentemente negli uomini rispetto alle donne (9:1) e nei giovani rispetto agli anziani.

I meccanismi lesivi sono diversi ma tutti riconducibili ad un forte evento traumatico che fa disclocare l’omero dalla sua sede naturale:

  • caduta in appoggio su braccio extraruotato (quando si cade si tende a ruotare il braccio verso l’esterno in modo da creare un solido punto di appoggio per proteggere il resto del corpo)
  • forte trauma su braccio intraruotato ed addotto (lussazione posteriore)
  • caduta sul versante laterale della spalla
  • brusco movimento del braccio sopra la testa(lancio del baseball)
  • violento strattonamento del braccio all’indietro e verso l’esterno da parte di un avversario
  • violenta collisione della spalla contro un ostacolo o un avversario
  • iperlassità congenita (naturale predisposizione all’instabilità) o acquisita (in seguito a precedente lussazione)
  • insanabilità cronica della spalla dovuta a sovrallenamento (sovraccarico cronico dei muscoli stabilizzatori)

 

Sintomi

  • Impossibilità di movimento
  • Il braccio rimane penzolante, extraruotato e vicino al corpo (lesione anteriore)
  • Dolore violento e fastidioso
  • La spalla, alla palpazione, perde la caratteristica rotondità

 

Diagnosi

La diagnosi di lussazione spesso è piuttosto immediata, dato che il danno articolare è visibile ad occhio nudo o comunque palpabile. Tuttavia per avere un quadro clinico completo è bene sottoporsi, prima del riposizionamento, ad indagini diagnostiche come radiografie e risonanza magnetica. Tali esami sono in grado di evidenziare eventuali complicanze (fratture ossee, lesioni di vasi, nervi ecc.). L’esame radiografico andrà poi ripetuto dopo l’intervento di riposizionamento per verificare l’allineamento articolare. Nel caso si voglia evidenziare correttamente una lesione posteriore bisogna invece avvalersi di tecniche radiografiche speciali.

 

Trattamento e riabilitazione

Come tutte le slogature, anche la lussazione della spalla necessità di un intervento di riduzione (riposizionamento) tempestivo. Tale manovrà dev’essere eseguita esclusivamente da un medico, solitamente dopo un esame radiografico di accertamento. Spesso tale intervento viene svolto in anestesia locale per limitare il dolore.

Riabilitazione lussazioneDopo aver riposizionato l’omero nella sua posizione fisiologica ed aver eseguito una seconda radiografia, il braccio viene immobilizzato tramite un tutore che lo manterrà aderente al corpo per almeno una o due settimane (solitamente in rotazione interna con l’avambraccio aderente al corpo anche se secondo alcuni recenti studi l’immobilizzazione in rotazione esterna, seppur scomoda, sarebbe più efficace).

Soprattutto nelle lesioni ricorrenti si consiglia di iniziare esercizi di mobilitazione precoce associati ad un successivo programma di potenziamento muscolare. Nei giovani atleti si tende invece a prolungare l’immobilità per favorire la completa guarigione delle strutture anatomiche lesionate. Anche in questi casi è comunque importante eseguire regolarmente esercizi di mobilizzazione precoce del polso, della mano e del gomito.

Statisticamente, le probabilità di lussazioni recidive alla spalla sono maggiori nei pazienti di età inferiore ai 30 anni (circa l’80% dei casi). Al di sopra di questa età le probabilità di una futura lussazione diminuiscono significativamente.

Anche per questo motivo il trattamento riabilitativo si differenzia in base all’età del soggetto, alla gravità della lussazione e alla recidività della patologia. E’ infatti di FONDAMENTALE importanza evitare nuovi episodi lussativi dato che ad ogni nuova slogatura aumenta considerevolmente il rischio di danneggiare strutture anatomiche importanti. Per questo l’intervento chirurgico diviene quasi d’obbligo in caso di frequenti lussazioni.

Una lussazione trascurata può causare, con il passare del tempo, dei fenomeni degenerativi della cartilagine articolare o comunque compromettere seriamente la funzionalità della spalla (dolore, deficit di forza, alterazioni della sensibilità).

Per questo motivo e per per contrastare il pericolo di nuovi episodi lussativi nei giovani atleti si procede spesso con un riposizionamento in artroscopia del labbro glenoideo e dei legamenti articolari. I risultati dell’intervento sono solitamente molto buoni dato che circa il 95% dei pazienti riprende le normali attività sportive e quotidiane senza subire nuove lussazioni. L’efficacia di tale intervento è sovrapponibile a quella della tradizionale tecnica a cielo aperto che abbassa ulteriormente il rischio di recidive ma è piuttosto invasiva. I tempi di guarigione dopo intervento chirurgico sono mediamente compresi tra i 45 ed i 180 giorni mentre per il trattamento conservativo attività fisiche leggere possono essere intraprese già dopo 2-4 settimane dalla lesione.

Tratto da: http://www.my-personaltrainer.it/lussazione-spalla.html

 

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Mialgia: cause, sintomi frequenti e rimedi

1. LA MIALGIA

mialgia2-300x300La mialgia è un dolore muscolare che può interessare un muscolo oppure più muscoli; i muscoli risultano contratti e al tatto provocano dolore.

Il dolore si manifesta anche in modo improvviso dopo una contrazione involontaria del muscolo oppure può essere provocato dalla rottura di una struttura interna al muscolo a causa di un trauma oppure può dipendere da infiammazioni virali.

La mialgia è stata classificata in base alle cause scatenanti in:

  • MIALIGIA TRAUMATICA;
  • MIALGIA VIRALE;
  • MIALGIA PARASSITARIA;
  • MIALGIA REUMATICA;
  • MIALGIA DA AFFATICAMENTO.

Il dolore provocato dalla patologia può essere lieve con manifestazioni sporadiche oppure intenso e cronico.

2. LE CAUSE

La mialgia può essere localizzata o generalizzata e le cause più frequenti sono:

  •  muscolo sotto stress (solitamente causata dallo svolgimento intenso di esercizi o sforzi fisici);mialgia3-300x208
  •  infezioni provocate da virus influenzali;
  •  farmaci (ad esempio le statine);
  •  batteri;
  •  vaccini;
  •  stiramento muscolare;
  •  traumi (ad esempio distorsioni e contusioni);
  •  poliomelite;
  •  lupus erimatoso sistemico;
  •  fibromialgia;
  •  rabdomiolisi;
  •  polimialgia reumatica;
  •  trichinosi;
  •  polimiosite.

3. I SINTOMI FREQUENTI

La patologia si manifesta attraverso il dolore, lieve oppure intenso, che si manifesta ai muscoli o ad un muscolo specifico. Il dolore a volte può essere riflesso manifestandosi a livello osseo, nei tendini e nei legamenti.

Solitamente il dolore colpisce un muscolo quando la causa è legata ad un trauma o ad affaticamento, mentre colpisce tutti i muscoli nel caso di patologie specifiche.

Spesso si manifestano anche strappi e stiramenti muscolari.

4. I RIMEDI

I dolori muscolari provocati dalla mialgia vanno trattati con:

  •  assunzione di antidolorifici, antinfiammatori e miorilassanti;
  •  riposo dall’attività sportiva;
  •  massaggi;
  •  impacchi caldi;
  •  sedute con gli ultrasuoni;
  •  quando il dolore è accompagnato da strappi, il paziente deve rimanere a riposo ed effettuare degli impacchi con il ghiaccio;

Nel caso in cui il dolore è associato a delle patologie specifiche, il medico curante consiglierà al paziente la cura più adatta.

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Tratto da: http://www.noene-italia.com/mialgia/

Artros, clinica ortopedica


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Correre: le regole per una corsa salutare e senza rischi

Correre, ecco le regole per una corsa salutare e senza rischi
Correre è un’abitudine che molti hanno adottato per smaltire lo stress, scaricare la tensione o rimettersi in forma. Correre fa bene ma ancora di più correre senza rischi. Chiunque ami la corsa sa che ogni parte del corpo viene coinvolta, non solo le gambe.

Ecco i 4 principali errori dei runner amatoriali che aumentano i rischi di infortuni durante la corsa:

1) Postura:

correre bene è anche una questione di postura. La postura corretta prevedere l’angolazione dei gomiti di 90 gradi, anche quando gli arti effettuano una oscillazione posteriore; avere consapevolezza di spalle rilassate ovvero non portare le spalle verso le orecchie contraendo i trapezi; nella corsa le mani devono essere rilassate poichè tenere le mani a pugno o eccessivamente aperte e tese comporta un eccessivo dispendio di energia. Bisogna anche avere l’accortezza di tenere il capo sempre dritto e mai penzoloni, con lo sguardo fisso in avanti per poter guardare 20 metri davanti a sè.

2) Ritmo troppo blando di corsa:

ideali sono 3 passi al secondo cioè 180 battute per minuto (bpm). Questo permette di utilizzare in modo funzionale la muscolatura e i tendini, avere il gesto della corsa più elastico e ridurre lo sforzo su ginocchio e anca.

3) Appoggio del tallone:

nella corsa il tallone non ammortizza il carico perché, essendo un osso, non è in grado di assorbire e ridare energia dopo lo scarico del peso al suolo a differenza dell’avampiede che grazie ad un sistema di muscoli e tendini assorbe l’energia di ritorno. Attenzione anche ad atterrare di punta o di estremo avampiede nel correre. La giusta posizione è infatti sotto al nostro baricentro e non più avanti poichè ci porterebbe a frenare sul terreno.

4) Abbigliamento non adatto:

quando si esce a correre anche l’abbigliamento deve essere comodo e traspirante in ogni stagione.

5) Non fare lo stretching:

anche se non riduce il rischio di infortuni, lo stretching è fondamentale per migliorare l’estensibilità muscolare e quindi i movimenti e la relativa performance della corsa.

6) Allenarsi tutti i giorni:

se allenarsi fa bene, allenarsi troppo è invece deleterio perché sono maggiori i rischi di lesioni e infortuni. Bisogna invece considerare anche il riposo come una componente importante dell’allenamento nella corsa.

Per una corsa ottimale occorre:

1. Mantenere una cadenza di falcata più elevata avendo un passo più corto e frequente.
2. Non correre facendo saltelli cioè ridurre la spinta verticale e il tempo di “volo”.
4. Impiegare tutte le proprie forze per fare il percorso, senza sprecare le energie per “volare”.
5. Curare il movimento simmetrico delle braccia che devono essere flesse a 90 gradi, con le mani rilassate.
6. Cercare di avanzare il baricentro, cioè sporgersi in avanti senza però buttare troppo avanti le spalle.
7. Correre con il busto eretto, a testa alta, sguardo all’orizzonte, con le braccia morbide e le spalle rilassate, facendo oscillare le braccia con un movimento ampio e ritmico.
 
“Così la vita vi sorriderà e sarete fieri di quello che state facendo,” parola di Daniel Fontana, coach per le podiste di Runner’s World con due Olimpiadi all’attivo (Atene e Pechino) e un presente che lo vede tra i migliori al mondo nel triathlon di lunga distanza.

 

Tratto da: © Orthopedika Journal

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Pubalgia del corridore: cause e rimedi

Pubalgia del corridore, cause e rimedi

La pubalgia del corridore è nota per affliggere calciatori professionisti e atleti della corsa, ma anche del tennis, scherma, atletica ed equitazione. Nel corridore la pubalgia è molto frequente e può portare, in casi gravi, alla sospensione dell’attività sportiva da un minimo di 20-30 giorni fino a un massimo di 90.

La pubalgia è una sindrome dolorosa che interessa la regione pubica, addominale e inguinale, e si manifesta con un fastidioso dolore che interessa una o tutte queste aree. Nella maggioranza dei casi è dovuta a un’infiammazione muscolo-tendinea da sovraccarico che colpisce i punti di intersezione sull’osso pubico di numerosi muscoli: gli adduttori, i muscoli della parete addominale inferiore, il piramidale ed il pettineo.

Nel corso degli anni sono state identificate ben 72 cause di pubalgia tra cui vanno menzionate le malattie tendinee, patologie muscolari, malattie ossee o articolari, ma anche patologie infettive, tumorali e intrappolamenti nervosi, mentre ancora poco indagato è il rapporto tra i denti, la mala occlusione e la postura.

Pubalgia del corridoreNel corridore invece, una delle cause della pubalgia si riferisce alle calzature inadatte, oppure al terreno su cui si corre, altre volte può dipendere dall’allenamento troppo intenso oppure per un’insufficiente preparazione atletica o per mancanza di stretching prima della corsa.

La combinazione poi di sport come corsa e calcetto aumenta il rischio di pubalgia, poiché gli arti sono soggetti spesso a cambi di direzione repentini.

 


Rimedi che agiscono sulla riduzione del dolore:

  • riposo e sospensione delle attività sportive

  • terapia farmacologica su prescrizione medica + programma di rinforzo della muscolatura della parete dell’addome + fisiochinesiterapia

  • terapia strumentale (laser, ultrasuoni, mesoterapia o terapia con onde d’urto)

  • ginnastica posturale per lavorare sulla lunghezza dei vari muscoli, sul retto addominale e sulla catena dei flessori

Se il dolore non passa rivolgersi allo specialista per ulteriori indagini (per esempio: ecografia, radiografia ed eventuale risonanza magnetica).


 

Tratto da: © Orthopedika Journal


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Elettromiografia

L’elettromiografia (detta anche “EMG”) è un esame diagnostico utile per la diagnosi delle malattie dei nervi (es. neuropatie) e dei muscoli (es. miopatie). Con il termine “elettromiografia” si intendono in generale sia le “velocità di conduzione” o “elettroneurografia” (detta anche “ENG”), che l’elettromiografia vera e propria (elettromiografia “ad ago”).

elettromiografia

Le velocità di conduzione prevedono l’utilizzo di stimoli elettrici somministrati quasi sempre con elettrodi che si appoggiano sulla cute (“elettrodi di superficie”) al di sopra dei nervi e registrando le risposte che viaggiano lungo i nervi tramite altri elettrodi di superficie oppure, in alcuni casi, tramite aghi sottocutanei.

L’elettromiografia ad ago, invece, prevede l’utilizzo di aghi più o meno lunghi (in relazione alla dimensione del muscolo), che il medico inserisce nei muscoli da studiare per registrarne l’attività sia a muscolo rilassato che durante contrazione.

È importante sottolineare che l’elettromiografia è un esame di tipo funzionale, cioè indaga la funzione del nervo o del muscolo. Esami come per esempio la risonanza magnetica, la TAC o l’ecografia sono viceversa esami di tipo morfologico. Questo fa si che possiamo per esempio sapere se un nervo conduce male ed in che punto conduce male, però l’esame non ci dice se il problema è dovuto ad un’infiammazione, ad una compressione, oppure a qualcos’altro. Per questo è importante sapere che l’elettromiografia non sempre è in grado di precisare una diagnosi da sola; in certi casi è necessario eseguire altri esami ad integrazione.

A cosa serve

Per la diagnosi di quali malattie è utile l’elettromiografia?

  • Sindrome del tunnel carpale (o intrappolamento del nervo mediano al canale del carpo – polso)
  • Sindrome del solco ulnare (o intrappolamento del nervo ulnare alla doccia epitrocleare – gomito)
  • Sindrome di Guyon (o intrappolamento del nervo ulnare al canale di Guyon – polso)
  • Sindrome del tunnel tarsale
  • Radicolopatie
  • Polineuropatie (es. polineuropatia diabetica)
  • Plessopatie
  • Sclerosi laterale amiotrofica (SLA)
  • Malattie muscolari (es. miopatie e miositi)
  • Malattie della giunzione neuromuscolare (es. miastenia gravis)
  • e altre malattie…

Ci sono situazioni in cui l’elettromiografia normalmente non è indicata:

  • Dolori articolari o artralgie
  • Tendiniti
  • Strappi muscolari o contratture muscolari
  • Alterazioni motorie causate da ictus o sindromi parkinsoniane
  • e altre malattie…

I medici che richiedono più spesso l’elettromiografia sono:

  1. Neurologi
  2. Ortopedici
  3. Neurochirurghi
  4. Fisiatri (specialisti in medicina fisica e della riabilitazione)
  5. Reumatologi
  6. Medici internisti – diabetologi
  7. Medici di medicina generale

Chi la esegue

Mentre le velocità di conduzione possono essere effettuate sia dai tecnici di neurofisiopatologia che direttamente dal medico, l’elettromiografia (ad ago) viene effettuata esclusivamente dal medico. Generalmente l’elettromiografia viene eseguita da medici specializzati in neurologia o neurofisiopatologia. Nel caso in cui sia necessario esclusivamente l’esecuzione di velocità di conduzione (e non di elettromiografia), l’esame può essere eseguito dal tecnico di neurofisiopatologia. In tal caso, i tracciati vanno comunque valutati ed interpretati dal medico, il quale produrrà e firmerà il referto.

Il tecnico di neurofisiopatologia è una figura professionale specializzata nell’esecuzione di esami neurofisiologici tra cui, oltre alle velocità di conduzione, anche l’elettroencefalogramma (EEG) ed i potenziali evocati. L’elettromiografia può essere eseguita sia negli ospedali che in strutture sanitarie diverse o in ambulatori, sia in regime pubblico o convenzionato, sia privatamente. Alcuni medici, che possiedono un elettromiografo portatile, sono in grado di eseguire l’esame privatamente anche a domicilio.

Tratto da: http://www.elettromiografia.net/index.php

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Cellule staminali per curare la cartilagine del ginocchio

Le cellule staminali sono utilizzate a supporto della chirurgia articolare da circa dieci anni, soprattutto a sostegno della chirurgia delle cartilagini.
Per avere un adeguato riscontro biologico è necessario che le cellule staminali siano impiantate su una popolazione giovane che ha naturalmente una risposta biologica efficace.

Le cellule staminali sono per ora utilizzate su difetti focali, ovvero su difetti traumatici. Sono stati riscontrati buoni esiti nei risultati clinici, con diverse tecniche associate alle microfratture e all’utilizzo di scaffold.
I primi lavori e le prime esperienze testimoniano una buona affidabilità di queste tecniche, che consentono di riparare un tessuto che da sempre rappresenta una grande sfida per i chirurghi ortopedici.

Lo studio del gesto atletico, la conoscenza delle metodologie di allenamento, l’analisi biomeccanica, la conoscenza dei materiali, i dati epidemiologici, i fattori preventivi sono solo alcuni importanti aspetti del bagaglio culturale che qualificano il traumatologo dello sport.

La popolazione che si avvicina alla pratica sportiva è aumentata negli ultimi anni in maniera esponenziale. Da qui l’esigenza della conoscenza e della cura delle molteplici lesioni traumatiche che le varie discipline sportive possono determinare durante il loro esercizio.

Come in altri settori, anche in Traumatologia dello Sport i benefici degli studi e della ricerca applicati agli atleti di alto livello ricadono di conseguenza su tutti i pazienti con applicazioni pratiche di grande rilevanza e utilità.

Il ginocchio in particolare rappresenta un’articolazione molto sollecitata anche per chi non pratica attività sportive, che consente la normale deambulazione e che deve essere funzionale per lungo tempo. I traumi scheletrici, legamentosi, meniscali, le lesioni degenerative, le deviazioni di asse rappresentano le ricorrenti forme di interessamento patologico.

L’avvento dell’artroscopia con tecniche a cielo chiuso, minimamente invasive, ha cambiato la storia recente della chirurgia del ginocchio, così come l’avvento di nuovi modelli e dispositivi protesici ha determinato un grande impulso nella chirurgia sostitutiva articolare.
Gli specialisti ortopedici dell’unità di ortopedia del ginocchio e di traumatologia dello sport possono mettere al servizio di tutti queste tipologie di conoscenze in modo da offrire indicazioni terapeutiche appropriate e soluzioni chirurgiche innovative che spaziano dalle tecniche artroscopiche, alla riparazione della cartilagine, dei tendini e muscoli, all’utilizzo delle biotecnologie e alle sostituzioni protesiche.

Tratto da: http://www.affaritaliani.it/medicina/cellule-staminali-per-curare-la-cartilagine-del-ginocchio.html?refresh_ce

 

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Osteoartrite: nuovi mezzi per affrontarla prima

E’ stato messo a punto un nuovo metodo per diagnosticare l’osteoartrite ad uno stadio precoce, e questo permetterà di ritardare di molti anni la progressione della malattia, e forse, di arrestarla completamente.

L’osteoartrite, malattie delle articolazioni, è una delle patologie croniche più diffuse ed una delle principali cause di disabilità nel mondo.

Spiega Carl Siversson, che ha discusso la sua tesi in Medical Radiation Physics alla Lund University in Svezia: “L’osteoartrite colpisce spesso il ginocchio e l’anca distruggendo la cartilagine. Normalmente la progressione della malattia richiede anni, con un crescente aumento del dolore che spesso porta alla disabilità.”
Uno dei problemi con l’osteoartrite è rappresentato dalla possibilità di diagnosticare e seguire la malattia prima che questa diventi evidente, per cui è difficile cambiare il corso della malattia o ritardarne la progressione.

Alcuni anni fa, ricercatori della Lund University e della Harvard Medical School hanno sviluppato un metodo per misurare il grado di osteoartrite utlizzando l’apparecchio per la risonanza magnetica ad uno stadio molto precoce. Questo metodo è chiamato dGEMRIC (delayed gadolinium-enhanced MRI of cartilage).

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Spiega sempre Carl Siversson: “Questo è stato un grande progresso, ma vi era il problema rappresentato dal fatto che la misurazione poteva essere fatta solo su di una parte limitata della cartilagine. Ora abbiamo migliorato la tecnica e possiamo studiare tutta la cartilagine dell’articolazione allo stesso tempo. Abbiamo raggiunto questo risultato risolvendo i problemi connessi alla correzione di tutte le irregolarità nelle immagini della risonanza magnetica.”

Carl Siversson conclude spiegando che ora, la metodica, messa a punto, è stata verificata su persone sane e su individui con l’osteoartrite, ed i risultati mostrano che la malattia può essere seguita come prima non era possibile. Il lavoro prosegue in modo da rendere facile l’uso ai medici nella pratica quotidiana.
La speranza è che tutto ciò possa essere utile, in futuro, per lo sviluppo di nuovi farmaci. Carl Siversson, dopo aver completato il PhD, continuerà la sua ricerca alla Harvard Medical School in Boston, USA.

Tratto da: http://www.mybestlife.com/ita_salute/news_2011/settembre/26092011_osteoartrite_risonanza.htm

Novita’: Nella nostra clinica si puo’ eseguire la risonanza magnetica secondo il metodo dGEMRIC per poter valutare la composizione biochimica della cartilagine dell’articolazione.

Prenota appuntamento su +39 040 972 00 15 oppure scrivendo su info@artros.si.


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Esercizi per la schiena: ginnastica in ufficio

Prefazione. L’idea di scrivere questo libro è nata guardando ed ascoltando i miei colleghi impiegati, i quali, come il sottoscritto, riflettevano sulla mancanza di tempo per la cura fisica. Spesso suggerivo: nel frattempo bisogna correggersi mentre siamo seduti davanti alla scrivania; c’era di fatto chi aveva la sedia troppo alta, di conseguenza doveva inclinarsi in avanti, chi invece troppo bassa e per questo doveva stare con le braccia più alte del corpo, chi invece inclinato da una parte… insomma posture terribili per il proprio fisico. Nell’aria spesso volteggiavano frasi come: “ci vorrebbero giorni di 48 ore!” Di è vero, ma se fosse stato così sicuramente qualche bel brunettone ti avrebbe fatto lavorare per un giorno e mezzo!! I motivi per cui non possiamo dedicarci del tempo sono vari, tra questi quello più difficile da risolvere è legato alla famiglia; infatti, quanti di voi uscendo dall’ufficio possono trovare uno spiraglio di tempo per fare della sana ginnastica? Pochi, forse chi ha i figli grandi, ma non è sempre così facile. Quindi mi sono detto: “creiamo degli esercizi semplici da eseguire mentre siamo comodamente seduti davanti alla nostra postazione di lavoro”.
Ed ecco fatto, dopo aver esaminato le varie posture, ed i vari problemi articolari da immobilità, dovuti appunto al lavoro sedentario, è nato questo manuale, frutto anche di tanta passione.

 

1) Le scarpe slacciate: sempre seduti con i piedi ben a terra e gambe larghe, allungatevi in avanti come appunto ad allacciarvi le scarpe, prima da una parte e poi dall’altra, ed infine davanti alle gambe (fermi così 5 secondi); questo esercizio semplice permette alla vostra schiena di rilassarsi “aprendo” le vertebre lombari ma anche la cervicodorsali; oltre a questo noterete che il flessore della coscia (detta gamba) o bicipite femorale, si estende, e crea un piccolo dolore di allungamento dovuto alla mancata abitudine allo stretching.

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2) Quando tornate verso l’alto ristendete la schiena; questo in due modi, il primo tirandosi su come in figura, con le braccia verso il basso e le spalle indietro “belli dritti”…

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3) …il secondo tornando verso l’alto con le braccia in alto e le mani congiunte, che continuano a spingere in dietro. Anche in questo caso è sufficiente ripetere 2 o 3 volte. Questo esercizio permette alla schiena di estendersi e favorisce sia la circolazione che l’estensione dei muscoli dorsali.

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4) Adesso mettete i piedi dietro le gambe anteriori della sedia, oppure aggrappatevi alle gambe della sedia a ruote, state belli dritti, portate le braccia dietro la schiena e prendetevi le mani…

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5) …spingete con il dorso della mani sulla parte lombare, portando le spalle in dietro, continuate così cercando di portare lentamente la pressione delle mani verso l’alto. Questo movimento vi darà sollievo su tutta la schiena.

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6) Ora, sempre con le mani dietro la schiena (dritta) e gomiti larghi, rilassatevi portando i gomiti in avanti (tenetevi sempre con le mani), vedrete che di conseguenza anche le spalle flettono in avanti; fate così anche per il collo, curvandolo in avanti. Fatto ciò, ristendete il tutto portando i gomiti in dietro. Ripetete questo esercizio almeno 5 volte.

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Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/postura/esercizi-schiena-scrivania.html

 

http://www.artros.it


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Anche l’acqua minerale è preziosa per le articolazioni

acqua-minerale1-810x453-jpgSpecie in età adulta, il calcio, fondamentale minerale per le ossa, si assorbe anche grazie all’acqua, con il vantaggio di non favorire l’ingresso di colesterolo, proteine animali, sodio, grassi saturi, cosa che avviene con il calcio di latte e derivati.

La maggior parte delle acque potabili e minerali non ha un contenuto di calcio molto elevato, non essendo utili neppure nel proteggerci dai calcoli renali. Vanno escluse anche le acque minerali ricche di sodio e solfati, perché possono concorrere all’ipertensione (a causa del sodio) e alla perdita di calcio con le urine (a causa del sodio e dei solfati).

Esistono però acque minerali disponibili anche nella grande distribuzione che contengono oltre 300 mg /litro di calcio altamente assimilabile, come lo è quello contenuto nel latte. Scelte con cura, possono costituire un’importante integrazione dell’apporto giornaliero raccomandato di calcio.

La concentrazione di solfati nell’acqua potabile non dovrebbe invece superare i 250 mg/litro, e quella di sodio i 50 mg/litro: è bene controllare l’etichetta dell’acqua minerale. Evitiamo inoltre quelle gasate, perché così si rende il calcio meno assimilabile. Scegliamo sempre un’acqua povera di nitrati (in alcune etichette indicati come ione nitrico o No3), potenzialmente dannosi.

 

 

Tratto da: http://www.fishfactor.it/IT/lo-sapevi-che/anche-l-acqua-minerale-preziosa-per-le-articolazioni

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Articolazioni

Le articolazioni sono strutture anatomiche, talora complesse, che mettono in reciproco contatto due o più ossa. Per evitare fenomeni degenerativi dovuti all’usura, nella maggior parte dei casi si tratta di un contatto non diretto, ma mediato da tessuto fibroso o cartilagineo e/o da liquido.

Le articolazioni del corpo umano sono assai numerose, se ne contano in media 360, e strutturalmente molto dissimili le une dalle altre. Questa diversificazione rispecchia il tipo di funzione richiesta a quella determinata giuntura. Nel loro insieme, il compito delle articolazioni è di tenere uniti i vari segmenti ossei, in modo tale che lo scheletro possa espletare la sua funzione di sostegno, mobilità e protezione.

 

CLASSIFICAZIONE DELLE ARTICOLAZIONI SU BASE STRUTTURALE

Le articolazioni si suddividono, dal punto di vista strutturale, in:

articolazioni fibrose: le ossa sono unite da tessuto fibroso;

articolazioni cartilaginee: le ossa sono legate da cartilagine;

articolazioni sinoviali: le ossa sono separate da una cavità, oltre che essere legate per mezzo di strutture che descriveremo meglio in seguito.

La suddivisione più conosciuta è tuttavia quella su base funzionale. Le ossa dello scheletro umano sono infatti connesse per mezzo di di articolazioni a cui sono consentiti movimenti di vario tipo e grado. Si parla, allora, di giunture immobili (sinartrosi), semimobili (anfiartrosi) e mobili (diartrosi).

 

CLASSIFICAZIONE DELLE ARTICOLAZIONI SU BASE FUNZIONALE

Le articolazioni si suddividono, dal punto di vista funzionale, in:

articolazioni immobili o sinartrosi: legano strettamente i capi ossei, come una cerniera lampo chiusa, tanto da impedirne i movimenti.

 

Articolazioni ipomobili o anfiartrosi: legano due superfici articolari, ricoperte da cartilagine, tramite legamenti interossei; tra le due superfici è interposto un disco fibrocartilagineo che permette soltanto movimenti limitati.

Nelle vertebre, per esempio, superfici ossee pianeggianti sono unite da un disco interosseo cartilagineo che funge da ammortizzatore.

 

Articolazioni mobili o diartrosi: permettono un ampio range di movimento, in una o più direzioni dello spazio (ginocchio, spalla, dita…)

La struttura di un’articolazione ne influenza il grado di mobilità:

 

Nome funzionale Nome strutturale Grado di movimento Esempio
sinartrosi fibrosa fissa cranio
anfiartrosi cartilaginea poco mobile vertebre
diartrosi sinoviale molto mobile spalla

 

Le sinartrosi (articolazioni immobili) si dividono in:

Sinostosi: il grado di movimento è nullo, dal momento che uniscono le articolazioni tramite tessuto osseo (come nel cranio dell’adulto).

Sincondrosi: il grado di movimento è scarso, dal momento che uniscono le articolazioni tramite tessuto cartilagineo denso (come le prime costole dello sterno).

Sindesmosi o sinfimbrosi: il grado di movimento è limitato, dal momento che sono tenute insieme da tessuto connettivo fibroso (come la sinfisi pubica).

Le articolazioni mobili o semimobili si differenziano per la forma e per i movimenti consentiti. In proposito esistono classificazioni leggermente differenti tra loro. Una di queste e prevede la suddivisione delle diartrosi in base alle differenze di forma delle superfici articolari:

 

Artrodia

Movimenti permessi: semplice scorrimento
Articolazione artrodia Le artrodie, che uniscono le ossa del carpo nella mano e del tarso nel piede, permettono soltanto piccoli movimenti di scivolamento.

Superfici ossee piatte si limitano a scorrere l’una sopra l’altra per consentire minimi movimenti. Le ossa carpali, per esempio, scivolano tra di loro durante i movimenti della mano. Hanno il compito di ammortizzare gli urti.

 

Ulteriori esempi: articolazioni costo-vertebrali.

Trocleoartrosi (ginglimo angolare)

Movimenti permessi: flesso/estensione
TROCLEO-ARTROSI Le superfici articolari che si affrontano, hanno forma di segmento di cilindro, di cui uno, a gola concava (troclea) si inserisce nella faccia convessa dell’altro. Gli assi dei cilindri sono ortogonali (ad angolo retto).
Il movimento avviene in un piano secondo un solo asse (uniassiale), come una porta nel cardine.

 

Esempio: gomito, ginocchio

Trocoidi (ginglimo laterale/parallelo)

Movimenti permessi: pronazione e supinazione
Trocoide Le due superfici articolari, hanno forma di segmento di cilindro, di cui uno, a gola concava (troclea), si inserisce nella faccia convessa dell’altro. Gli assi dei cilindri sono paralleli.

E’ un articolazione uniassiale.

 

Esempio: tra il capitello del radio e l’ulna (articolazione radio-ulnare prossimale).

A Sella o Pedartrosi

Movimenti permessi: flessione estensione, adduzione abduzione, circonduzione
sella

 

Sono articolazioni costituite da due superfici aventi ognuna due curvature, una concava e l’altra convessa.

 

Esempio: tra il carpo ed metacarpo del pollice; tra lo sterno e la clavicola.

Condilartrosi

Movimenti permessi: flessione estensione, adduzione abduzione, circonduzione
Articolazione condiloidea Sono articolazioni costituite da due superfici elissoidali, di cui una piena (condilo) è ospitata in un altra convessa (cavità condiloidea).

 

Esempio: tra il radio e il carpo; tra il metacarpo e le falangi; l’articolazione del ginocchio; articolazione temporo-mandibolare.

Enartrosi

Movimenti permessi: flessione estensione, adduzione abduzione, circonduzione, intra ed extrarotazione
enartrosi Sono articolazioni costituite da un capo articolare simile ad una sfera piena (testa) ospitato in una cavità articolare a forma di sfera cava.

I movimenti si effettuano lungo tutti e tre gli assi fondamentali (sagittale, trasverso e verticale)

Sono le articolazioni più mobili del corpo umano.

 

Esempio: articolazione dell’anca

(coxo‑femorale); articolazione tra scapola e omero (scapolo‑omerale ).

Tratto da: http://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/articolazioni.html

www.artros.it